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Lavoro, quattro precari su cinque. Le imprese hanno paura ad assumere

da La Repubblica 9/9/2012

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  1. Saluki
     
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    Lavoro, quattro precari su cinque. Le imprese hanno paura ad assumere

    Secondo uno studio di Unioncamere e del ministero del Lavoro, fatto 100 il totale degli ingressi nel mondo del lavoro previsti per il quarto trimestre dell'anno, solo il 19% sarà destinato al lavoro stabile


    MILANO - Poco e instabile. La fotografia del lavoro in Italia registrata dall'indagine relativa al quarto trimestre 2012 del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro non lascia dubbi. E' sempre più precario e meno legato alle formule del passato con tutte le conseguenze che ne derivano. Dallo studio dell'ente che raggruppa le Camere di Commercio, emerge una sempre più ampia spaccatura tra lavoro "stabile", il vecchio contratto a tempo indeterminato, cui può essere assimilata anche la nuova formula dell'apprendistato, e le altre forme di lavoro, sia subordinato (contratto a termine - compreso quello a carattere stagionale - e lavoratori interinali), sia autonomo (collaboratori a progetto, partite Iva e lavoratori occasionali): fatto 100 il totale degli ingressi previsti nel quarto trimestre dell'anno, il 19% sarà destinato al lavoro stabile e l'81% a tutte le altre forme.

    Però le imprese, interpellate a settembre nell'ambito del Sistema informativo Excelsior e quindi ancora non pienamente edotte rispetto ai contenuti della riforma del mercato del lavoro varata a luglio, nel rispondere hanno messo in evidenza lo stato di incertezza del momento congiunturale, che le induce sì ad assumere, ma fa loro preferire rapporti di lavoro meno vincolanti. "Nel programmare le entrate di nuovo personale - ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - le imprese manifestano tutta l'incertezza di questa fase congiunturale. Si ha quasi la sensazione che


    il tessuto produttivo, soprattutto nelle aree vocate all'export, abbia la tentazione di allargare la propria base occupazionale ma poi tema di fare il passo più lungo della gamba, introducendo in forma stabile nei propri organici nuovo personale".

    Ecco i numeri. Sono state circa 158 mila entrate di lavoratori alle dipendenze - ripartite tra 91 mila assunzioni non stagionali, 40mila stagionali e quasi 27 mila interinali - e 60 mila nuovi contratti di lavoro "autonomo". Nel complesso saranno quindi oltre 218 mila gli "ingressi" nelle imprese dell'industria e dei servizi entro la fine del 2012. Per il lavoro subordinato, il saldo complessivo si manterrà negativo anche per fine anno: quasi 120mila i posti di lavoro in meno, in parte determinati dalla fisiologica conclusione di contratti stagionali o comunque a termine; 12 mila di essi saranno lavoratori in somministrazione o interinali. I restanti 107 mila lavoratori dipendenti persi, a carattere non stagionale e stagionale, si distribuiscono in tutte le regioni, ad eccezione del Trentino Alto Adige in cui l'occupazione è sostenuta dall'arrivo della stagione turistica, dove si prevedono 2.700 posti di lavoro in più entro fine anno.

    Sul fronte delle altre forme contrattuali si segnalano riduzioni di poco inferiori alle 12mila unità per i collaboratori a progetto. Secondo lo studio, la domanda di lavoratori alle dipendenze per la fine dell'anno (al netto degli interinali) risulta tuttavia lievemente superiore rispetto alle previsioni delle imprese espresse per il quarto trimestre 2011 (il peggiore dagli ultimi due anni). A livello territoriale, in 17 regioni le assunzioni risultano in aumento rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso. Il confronto anno su anno delle entrate mostra poi una crescita della domanda nei settori industriali più fortemente orientati all'export e nei servizi. Unioncamere evidenzia, inoltre, una lieve ripresa rispetto ai trimestri precedenti dei contratti a tempo indeterminato e determinato, dopo il calo subito nel trimestre precedente, e il rilancio dei contratti di apprendistato, sui quali la riforma del lavoro ha puntato molte carte.

    Tratto da La Repubblica, 9 novembre 2012
     
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